Uno dei miei primi incontri con la filosofia è arrivato quando avevo circa 15 anni e stavo guardando un video della PBS con Alan Watts (1915 – 1973). Non ero filosoficamente abbastanza sofisticato da capire molto di quello che stava dicendo, ma ricordo di aver pensato che fosse bello. Aveva la barba, beveva tè e sembrava così philosophical filosofico.
Alan Watts è stato un filosofo britannico nato, e uno dei primi scrittori a diffondere il pensiero orientale, in particolare il buddismo zen, per un pubblico occidentale. Uno dei primi libri di filosofia che abbia mai letto da adolescente è stato, Il libro: On the Taboo Against Knowing Who You Are di Watts. Ha posto una delle domande più fondamentali che possiamo fare: chi sono io?
Ora potremmo pensare di conoscere la risposta a questa domanda. Ad esempio, possiamo credere che la nostra individualità finisca con i nostri corpi. Ma Watts ha chiesto, perché finiamo dove i nostri corpi fanno? Dopo tutto, la nostra pelle è porosa e interagisce con l’ambiente. Non possiamo sopravvivere per più di pochi minuti senza l’aria, quindi perché l’aria non è tanto una parte di noi come le nostre gambe o braccia? E non c’è aria respirabile senza piante, quindi perché non fanno parte di noi? In effetti, la nostra esistenza dipende dall’ecosistema terrestre e dal sole. Seguendo questa linea di pensiero, alla fine dipendiamo dall’intero universo per la nostra esistenza.
Quindi forse non siamo ego all’interno di borse di pelle o addirittura ego separati. Forse siamo come finestre o aperture o vortici attraverso i quali l’universo è cosciente di se stesso per un breve momento. Mentre ci piace dire cose come “Sono venuto in questo mondo”, non è più esatto dire ” Sono uscito dall’universo?”Le persone non escono dall’universo come le foglie escono dagli alberi o le onde escono dagli oceani? O come chiede Watts, l’universo non è solo ” persone?”
Tali domande non sono meramente accademiche. Se pensiamo di essere separati dal mondo, allora è più probabile che ci sentiamo come qualcosa di estraneo a noi che dobbiamo affrontare. Ma se vediamo che siamo usciti dall’universo, allora siamo più propensi a trattare l’universo come la nostra casa. Vedremo che l’ambiente che circonda i nostri corpi è tanto una parte di noi come il nostro cuore o polmoni. Se deprediamo l’ambiente, deprediamo noi stessi; se distruggiamo l’ambiente, distruggiamo noi stessi. Quindi forse siamo l’universo che guarda se stesso da miliardi di prospettive. In effetti, non potremmo dire che, in un certo senso, siamo l’universo?